“Mio nonno, Pietro Biagi, era un vero filosofo. Gli piaceva molto conversare e la sua caratteristica principale era quella di non reclamare mai di nulla. Si sa che i vecchi recriminano sempre che avrebbero potuto fare qualcosa che la vita non gli ha permesso di realizzare. Mio nonno no. Al pomeriggio usava sedersi qui, su questa seggiola nella sua casa di Ribeirão Preto, di fianco alla cattedrale, e guardava la gente passare. Era profondamente italiano ed era una persona molto positiva che ha sempre dato un’idea buona della vita. Io e mio padre abbiamo appreso molto da lui. La sua storia e’ davvero ricchissima e offre un esempio meraviglioso per tutti noi”. A parlare e’ Maurílio Biagi, 71 anni, il piu’ grande “usineiro” (proprietario di una raffineria) di canna da zucchero del Brasile, intervistato nella villetta di due piani della Rua Tibiriçá 776, un magnífico sobrado costruito nel 1922 con materiali importati dall’Europa, comprato nel 1941 per 350 contos de reis dal “nonno” Pietro. Ora la casetta, per volere di Maurílio, e’ diventata un Centro della Memória Italiana di questa regione infinitamente prospera dello stato di San Paolo dove, in un determinato momento, c’erano piu’ italiani che brasiliani. Il 75 per cento dell’economia di Ribeirão Preto e dintorni e’ ancora in mano a discendenti dell’emigrazione dall’Italia iniziata dopo il 1870, che qui “hanno fatto l’America” come in nessun altro posto del Brasile.
Pietro Biagi e’ arrivato nel porto di Santos con la nave “Adria” nel 1888, anno della “Lei Áurea” che decreto’ la fine della schiavitu’ in Brasile. Aveva otto anni. Era nato il 31 maggio 1881 a Campagnola, un paesino presso Padova, nel Veneto. Era il piu’ intelligente dei figli di Natale Biagi e di Elisabetta Ferrini: aveva imparato a leggere e a scrivere da solo. Passarono per la famosa casa dell’immigrante di San Paolo e furono mandati ad Itatiba, nei dintorni di Campinas, a sostituire gli schiavi negri nelle piantagioni di caffe’, come tutti gli emigrati italiani di allora. Ma vi restarono pochi anni e poi si trasferirono nella regione di Sertãozinho, nelle campagne di Ribeirão Preto, in una fazenda che si chiamava “Conceição”, di fianco alla Lagoa do Cavalo. Questa fazenda esiste ancora, anche se non si sa se l’edificio principale sia lo stesso di quell’epoca. Maurílio fa girare il suo elicottero molte volte attorno a quella piccola casa, circondata da campi arati, e racconta commosso che tutto ha avuto origine da li’. Il bisnonno Natale monto’ di li’ a poco una fabbrica di mattoni nella fattoria della Lagoa Itarare’ con annesso un piccolo alambicco di cachaça. Era l’inizio del 1899 e Pietro si diede da fare consegnando i mattoni e le tegole con un carretto e vendendo la cachaça artigianale, il melado e la rapadura (tutti derivati della lavorazione della canna da zucchero), prima attivita’ dei Biagi nel campo della canna. Un anno prima era nato il primo engenho de açúcar (fabbrica di zucchero) della regione ad opera degli inglesi della fazenda Dumont, il cui rampollo Alberto Santos Dumont avrebbe fatto parlare di se’ in tutto il mondo per essere fra gli inventori dei primi aerei.
Pietro era molto furbo e stava sempre estremamente attento. Avendo saputo prima degli altri dei danni provocati da una forte grandinata a Ribeirão Preto compro’ subito tutte le tegole delle fabbriche di Sertãozinho e le rivendette a prezzi esorbitanti ai clienti disperati per i tetti rotti. Si sposo’ il 10 settembre 1904 con Eugenia Viel, una ragazza nata anche lei in Italia, ma la nuova coppia, secondo le usanze italiane, continuo’ ad abitare nella fazenda paterna di Itarare’. In meno di 18 anni la sua prolifica moglie dava alla luce 12 figli. Diedero a tutti nomi mescolati tra gli strani appellativi veneti e le generalta’ brasiliane: nell’ordine Amélia, Elisa, Gaudenzio, Olga, Osonia, Baudilio, Maurílio, Ângela, Isaura, Ida, Iris e Osvaldo. Ma nel 1906 mori’ sua madre e il vecchio Natale, senza piu’ compagna, si lascio’ andare: non lavorava piu’, e a Pedro, come primogênito, tocco’ di assumere la leadership del clan familiare. Ma l’essere impegnato su due fronti, la vecchia e la nuova famiglia, non demoralizzo’ Pietro, anzi gli fece moltiplicare gli sforzi per concretizzare nuovi affari.
Comincio’ a pagare a rate l’arrendamento di una “olaria” in Pontal, compro’ i 29 ettari del Sitio Vargem Rica, al centro delle fertili “terras roxas” dell’Alta Mogiana, e si mise a fornire canna da zucchero all’Engenho Central di Francisco Schmidt, la grande usina che cambio’ radicalmente la rotta dell’economia di Sertãozinho. Nel sorvolare in elicottero tutta questa zona, Maurílio ci ha mostrato l’alta ciminiera dell’Engenho Central, che da poche settimane custodisce un nuovo museo della canna, e la splendida fazenda Schmidt, con di fianco anche un’antica stazione del treno, dove ora vive felice, a 92 anni d’eta’, sua madre Edilah. Di fianco alla fazenda Vargem Rica, Pietro costrui’ un campo da bocce, l’allora gioco italiano per antonomasia, sua passione da sempre. Compro’ anche una motocicletta per rendere piu’ veloci i suoi affari. La vita della famiglia miglioro’ tanto che nel 1913 i Biagi si permisero un’impiegata domestica per aiutare Eugenia. Nel 1915 affitto’ la Fazenda Barbacena, non lontana, perche’ c’erano molti alberi da abbattere per fornire legna e dormentes alle due compagnie ferroviarie che operavano nella zona, la Paulista e la Mogiana. Con i soldi ottenuti dall’affare pote’ comprare la fazenda e piantare molta canna, tanto che arrivo’ a pensare di produrre zucchero in proprio. Il sogno si realizzo’ nel 1922 con il primo raccolto uscito dalla nuova fabbrica dei Biagi: 6400 sacchi di zucchero di 50 chili l’uno.
Pedro, come era chiamato dai brasiliani, divento’ cosi’ il primo emigrante italiano a diventare “usineiro” nello stato di San Paolo. In quegli anni compro’ la prima automobile e la maniera in cui si presento’ con il nuovo bolide alla famiglia fa parte dell’intramontabile folclore dei Biagi. Arrivato alla fazenda, suonando all’impazzata la buzina di contentezza, si accorse che pero’ non riusciva a fermare la macchina. Chi gliela aveva venduta non aveva avuto il tempo di insegnargli a bloccare il veicolo tanta era la fretta di Pietro di mostrare la novita’ ai suoi numerosi figli. E cosi’ incomincio’ a fare infiniti giri attorno alla casa di campo fino a terminare il combustibile. La storia si trasformo’ in barzelletta con la ironica leggenda che Pietro non usava mai i freni nella sua intrepida corsa per vincere nella vita. Ma a questo punto gli imprevisti rovesci dell’esistenza avrebbero potuto rovinare tutto quello che Pietro Biagi aveva creato in quarant’anni di duro lavoro. Pero’ il caso e l’intuizione hanno premiato il nonno di Maurílio che si e’ destreggiato con avvedutezza in due gravi avversita’ piovutegli addosso, come a tutti gli italiani e agli oriundi di quell’epoca: la crisi americana del ‘29 e il decreto dell’11 marzo 1942 con il quale Getulio Vargas ordinava la confisca dei beni dei tedeschi e degli italiani, nell’infuriare della seconda guerra mondiale.
Nell’aprile del 1929 Pietro vendette l’Usina Barbacena in contanti (1800 contos de reis) quando, per la lentezza delle comunicazioni, non si sapeva ancora del crack della borsa statunitense. Si ritrovo’ dopo pochi mesi ad essere l’uomo con la maggior liquidita’ di Ribeirão Preto mentre i “colonnelli del caffe” fallivano uno dopo l’altro e gli affari delle fabbriche di zucchero erano ridotti a zero. Pote’ quindi permettersi di comprare usinas e fazendas per pochi soldi dai proprietari rovinati. E’ il caso dell’Usina da Pedra e dei 700 alqueres della Fazenda Retiro che daranno origine nel 1935 all’Usina Santa Elisa.
Allo scoppio del secondo conflitto mondiale un suo cognato gli venne a consigliare di naturalizzarsi brasiliano per evitare futuri guai che si potevano prevedere con l’Italia mussoliniana. “Quella cosa non gli andava giu’ – racconta Maurilio Biagi – Non volle prendere mai il passaporto brasiliano. La polizia cosi’ gli ha confiscato la radio sulla quale ascoltava le notizie dall’Europa, e sconosciuti gli hanno persino sgonfiato le gomme dell’automobile. Era molto triste e nell’impeto della rabbia passo’ tutti i beni ai figli”. Non poteva andargli meglio. I quattro figli maschi portarono avanti “ufficialmente” il business impostato da lui, essendo tutti brasiliani, nati regolarmente in Brasile. Alle figlie lascio’ intestati i molti immobili che aveva comprato a Sertãozinho e a Ribeirão Preto. Grazie a quel doloroso decreto di Getulio Vargas fece una bella transizione con i suoi figli al momento giusto e in maniera molto intelligente, separando i loro campi di attuazione in forma oltremodo naturale e armoniosa.
E lui, allontanato a forza degli affari, incomincio’ a divertirsi: faceva quattro stagioni di acque all’anno, che a quei tempi erano il massimo passatempo brasiliano. Torno’ anche in Itália, una volta sola, alla fine degli anni 40, e incredibilmente trovo’ i parenti di Campagnola che coltivavano la barbabietola, che in Europa sostituisce la canna per fare lo zucchero. Visitava una volta alla settimana tutti i suoi figli nelle usine e nelle fabbriche, e per il resto del tempo restava nella sua villetta al lato della cattedrale di Ribeirão Preto, che era in fondo il quartier generale dei Biagi. “La famiglia era molto allegra – continua Maurílio – Celebravamo qui tutti insieme la Festa della Mamma, Natale e Capodanno. Si beveva vino, si cantava molto, con qualcuna della mie zie che suonava la fisarmonica. Prendevamo la benedizione da mio nonno a cui volevo molto bene”.
Mori’ nel 1973 a 91 anni. Ma era felice perche’ era il primo ad andarsene della famiglia. “Mio nonno mi disse in quei giorni finali della sua esistenza, con quella verve che non lo ha mai abbandonato – e’ il ricordo commosso di “Maurilinho” – Tu che fai sempre buoni negocios, compra una funeraria che quando parte il primo poi e’ molto rapido con tutti gli altri. Mio padre mori’ infatti nel 1978”. Secondo Edilah Biagi l’usina Santa Elisa “e’ stata la cellula madre da cui sono iniziati tutti i piu’ grandi affari della famiglia”: fabbriche di zucchero ed etanolo, fazendas con migliaia di alqueres (misura brasiliana simile all’ettaro) di canna e altre coltivazioni, le acciaierie Zanini, la maggior coltivazione di arance del Brasile alla fine degli anni 60 prima della Cutrale, la prima fabbrica dell’America Latina di fertilizzanti granulati, migliaia di capi di bestiame e di mucche da latte, un centro avveniristico di inseminazione artificiale, produzione di materiale dentistico, la CocaCola, e chi piu’ ne ha piu’ ne metta.
“Siamo stati o ancora siamo i principali usineiros do Brasil – conclude Maurílio Biagi nel suo ufficio sulla grande strada di Ribeirão Preto che ricorda l’omonimo suo padre – Io sono della terza generazione dei Biagi in Brasile, una famiglia che oggi ha piu’ di 250 discendenti diretti. Sertãozinho, la citta’ dove e’ la maggior parte dei nostri stabilimenti, e’ la piu’ prospera del Brasile con il maggior reddito pro capite. Ed incredibilmente Campagnola, il paesino veneto che Pietro Biagi ha lasciato 125 anni fa, e’ la esatta traduzione italiana di Sertãozinho. Non e’ fantastico?”.