“Mio padre aveva un’amante. Si chiamava Artemide che era un nome greco. Mia madre era incinta ed Artemide stava leggendo un libro dell’antica Grecia. Allora quella donna gli disse: se tu avrai un bambino si chiamera’ Inos, ma se viene una bambina sara’ Artemide. Un’amante bisogna tenersela da conto e ripagarla con affetto, costi quello che costi, per cui mio padre era intenzionato ad ubbidire, anche se il nome femminile poteva portargli molti fastidi con la moglie. Ma per fortuna sono nato io. Pero’ il nome Inos e’ stata una profezia inesorabile per la mia vita: in greco infatti vuol dire vino”.
Cosi’ inizia la scanzonata testimonianza per i “100 Nonni” (il progetto di riscatto della memoria dei nonni dell’emigrazione italiana in Brasile, patrocinato dalla Fiat) di Inos Corradin, uno dei maggiori pittori del mondo dell’arte brasiliana che compira’ a novembre 86 anni. Il suo viaggio dalla natia Castelbaldo, conosciuta come il paese delle mele nel Veneto, a Jundiai’ dove risiede ancora, l’avventurosa andata a Salvador senza una lira in tasca, i suoi problemi con l’alcool, la storia incredibile con il presidente Janio Quadros, le sue 420 (finora) esposizioni internazionali, sono tutti capitoli dei 60 anni di pittura di Inos durante i quali ha lavorato come un matto dall’alba al tramonto, sempre cercando qualcosa di nuovo per il suo prossimo quadro.
“Castelbaldo, con 1500 abitanti, era troppo piccolo per me. Siamo tutti parenti. Per cui sono arrivato in Brasile nel 1951 per allargarmi un po’ con mio padre muratore e mia madre sarta. Avevo 22 anni e quando ho visto per la prima volta una mulatta non credevo ai miei occhi. L’ho voluta dipingere nuda e questo e’ stato il mio primo quadro brasiliano”. Ma il vero inizio della sua produzione verra’ due anni dopo quando andra’ a Salvador de Bahia con l’amico Geraldo Trindade Leal, pittore anche lui. La citta’ del Pelourinho era a quel tempo il nucleo delle belle arti piu’ importante del Brasile: ci lavoravano fra gli altri Mario Cravo, Pancetti e Caribé. “Tutti mi hanno aiutato a sopravvivere – ricorda Inos quegli anni di poverta’ e spensieratezza – Eravamo arrivati la’ il 2 febbraio, la festa di Iemanja’, e ho chiesto a Pancetti cos’era tutto quel pandemonio. Mi spiego’ che la festivita’ era molto sentita a Salvador, terra della religione afro-brasiliana, e che la gente depositava lungo le spiagge molte offerte in cibarie per la divinita’ del Candoblé. Io ho pensato súbito: cazzo, mangiare? Avevo una fame atavica. Dissi, Pancetti hai un sacchetto? Lo vuoi per cosa? Ma per andare a prendere qualcosa del cibo di Iemanjá: ha una spiaggia intera da mangiare e sara’ che non c’e’ neppure un angolino per me? Ho riempito il sacco e la pancia di pollo mescolato con vatapa’ e acarajé (piatti tipici baiani di origine africana). Avevamo i soldi per tre giorni di pensione e basta. Geraldo non voleva mangiare perche’ diceva che non era che lui credesse, ma non si sa mai, con queste cose di santi… Ma poi ha visto che io mangiavo con tanto appetito che alla fine si e’ rimpinzato anche lui che aveva quasi piu’ fame di me”.
Mario Cravo, che a quel tempo era uno scultore importante e oggi, secondo Inos, a novant’anni compiuti in aprile, è forse il miglior pittore vivo del Brasile, li ospito’ con vitto e alloggio nel suo atelier “con una gentilezza inimmaginabile”. Li’ Corradin preparo’ la sua prima personale. “Il vernissage avveniva subito dopo l’inaugurazione del Banco da Bahia, li’ vicino, e tutti sono venuti alla mia mostra, compreso il presidente Janio Quadros. A un costruttore italiano di cognome Gatto, a quel tempo fra le persone piu’ ricche di Bahia, erano piaciuti i miei quadri e ne ha comprati cinque. E allora gli altri gli sono andati dietro e le mie opere sono andate a ruba. Ne ha comprato una anche Janio che me l’ha pagata: pero’ l’ha lasciata li’ perche’ in quel momento non poteva portarla via. Era un Cristo. Gli avevo promesso di consegnarglielo non appena andavo a San Paolo”. Ma nella capitale paulista Inos venne contrattato come scenografo del balletto per il quarto centenário di San Paolo e fini’ per vendere il quadro del presidente al coreografo ungherese Aurélio Millos. “Ci sono momenti nella vita in cui la morale diventa elastica – scherza Inos che non si separa mai dai suoi occhiali scuri – Janio era molto carismatico: era incredibile perche’ quanto piu’ beveva piu’ era lucido. Dipingeva anche, ma sempre la stessa cosa: una bambina con sul petto uno stemma del Corinthians. Per non avere problemi di coscienza gli ho promesso che gli avrei rifatto il quadro, un’altra volta che ci eravamo rivisti. Ma poi lui ha rinunciato alla presidenza e cosi’, per forza maggiore, non gli ho dato piu’ nulla”.
Inos beveva molto. Aveva incominciato con la birra, poi ci aveva aggiunto lo Steinhaeger, ed era approdato alla cachaça e al whisky. “La mia scenografia migliore l’ho fatta a Rovigo, in Italia, alla fine degli anni 70, dipingendo una tela immesa, di 11 metri per 8, durante molti mesi come Michelangelo la Cappella Sistina. Quella grande opera è stata tutta a base di lambrusco che bevevo dalla mattina alla sera. Nel 1975, quattro anni prima, ero andato a fare la mia prima mostra in Europa, a Parigi, nella galleria Debret, che apparteneva all’ambasciata brasiliana. Era allora ambasciatore Delfim Netto, molto gentile ma non mi ricordo piu’ niente perche’ ho visto la ville lumiere completamente ubriaco. Sono arrivato a bere un litro di whisky al giorno. Ero cattedratico dell’alcool dai tempi in cui sono tornato da Bahia in nave con tre casse di Jujuba e Jacare’, l’aguardente del posto che volevo confrontare con la cachaça di Jundiaí. Ma quel cargo ci ha messo troppo tempo e alla fine fra me e l’equipaggio non ne era rimasto piu’ un goccio”. Ora Inos non beve piu’ da 19 anni e questa “rinuncia” la deve soprattutto a sua moglie Maria Helena, sposata nel 1960 e che gli ha dato tre figli. “La mia promessa sposa era fidanzata col suo professore di matemática e i genitori si arrabbiarono molto perche’ aveva cambiato quel partito rispettabile per un ubriacone. Vivevo allora nelle foreste di Ibiúna, presso San Paolo, dove avevo messo su con un socio una fabbrichetta di giocattoli di legno. Subito dopo le nozze Maria Helena si era ammalata gravemente di malaria e aveva bisogno di una trasfusione urgente di sangue. Mi sono offerto súbito ma il dottore mi ha detto con tatto che non potevo darglielo perche’ se no si sarebbe ubriacata”.
Inos lavorava tutta la settimana dietro ai giocattoli e controllando i lavori di una grande segheria, ma il sabato e la domenica erano riservati alla pittura. Finche’ un giorno, dopo tre anni, venne a casa sua un merchant ebreo con una grande automobile americana Buick e gli chiese se dipingeva ancora perche’ da un suo amico di Jundiaí aveva visto un quadro che gli era piaciuto molto. “Gli mostrai i quadri fatti in quel período: erano 64 – ricorda – Li ha comprati tutti e poi mi ha detto: tu da domani in avanti non lavori piu’ qui ma vieni a vivere nella mia casa a San Paolo. Tutti i quadri che facevo me li pagava. E’ stata davvero una sconfinata felicità. Poi e’ subentrato il proprietário della Galleria Andre’ per il quale ho lavorato in esclusiva per 40 anni. Cosi’ e’ terminata la mia fame’’. Tra i multipli successi di Inos vanno annoverati la partecipazione alla Biennale di San Paolo, la decorazione della nave da crociera Costa Atlantica con 40 quadri e 800 serigrafie, e una recente mostra nel palazzo del Congresso a Brasília per il Mib (il Momento Italia-Brasile 2012 in cui e’ iscritto anche il progetto “100 Nonni”).
“Mi reputo un pittore estemporaneo: in realta’ sono gia’ morto da molto tempo in confronto agli autori cosi’ detti contemporanei” se la ride Corradin mostrando la palla colorata presente in molti suoi quadri che e’ diventata il simbolo delle sue due patrie, l’Italia e il Brasile, con le tinte delle bandiere bianco, rosso, verde e giallo. “Nella mia vita non mi pento di nulla – conclude il pittore – Anche il periodo dell’alcolismo fa parte del percorso della mia pittura. Non si puo’ cancellare niente della personalita’ di un individuo. Tutto fa parte del nostro mosaico’’.
SCHEDA A PARTE SU DORIVAL CAYMMI E JORGE AMADO
A Salvador nel 1953 Inos Corradin inizio’ un’amicizia che e’ durata tutta la vita con Dorival Caymmi e con Jorge Amado. “Caymmi mi chiedeva di cantargli, con questa voce stridula che da sempre ho in gola, un successo italiano di quegli anni, Luna Rossa, che gli piaceva tanto. Siamo diventati molto amici tanto che lui una volta mi ha fatto sentire con la chitarra per primo una canzone che aveva composto proprio allora: “João Valentão” che e’ stato inciso anche da Elis Regina”.
A casa di Amado e di Zelia Gattai ci passava quando andava nell’atelier di Mario Cravo, che era anche lui nel quartiere del Rio Vermelho a Salvador. “Io, che non sono critico d’arte ma sono un ammiratore sincero che si commuove davanti alla bellezza delle opere di Inos, – ha scritto Amado – mi sento a mio agio indicando l’ambiente generale di romanticismo diffuso che traspira dai suoi quadri, passando oltre l’angoscia e la solitudine, un fiore, una barca, un cavallo di legno, che interrompono la disperazione della condizione umana: in ultima analisi il tema fondamentale della sua arte. La pittura di Inos Corradin e’ un dono que mescola infanzia e magia, fra luci e ombre che ci avvolgono e ci fanno sognare… Quadri che ci obbligano ad una contemplazione indugiata, nell’elevazione di una bellezza che la saggezza e le esperienze di vita suscitano in noi”.