Potrebbe essere famoso giá come il primo a produrre in Brasile un parmigiano reggiano degno delle forme meravigliose disposte tutte in fila nelle banche-capannoni della regione Emilia in Italia, o anche come l’artefice del migliore vino della Serra Gaucha, “Rar” di nome e di raritá, se non fosse uno dei carrozzieri di camion maggiori del mondo, con 11 fabbriche diffuse in tutti gli angoli della terra, e un fatturato da capogiro. Raul Anselmo Randon è nato nel piccolissimo paesino di Tangará, sulle montagne di Santa Catarina, il 6 agosto del 1929. Questa la sua epopea!
Suo nonno Cristoforo era giunto in Brasile il 22 novembre 1888, all’eta’ di 21 anni, da Cornedo Vicentino, nell’alta valle del fiume Agno, in quel Veneto da cui erano incominciati a immigrare nel 1875 i primi coloni che popoleranno la regione di Caxias nel Rio Grande do Sul. Cristoforo era un ragazzo istruito e per prima cosa aiutó la famiglia Frejó a misurare i suoi possedimenti attorno a Bento Gonçalves. Compró per sé una cinquantina di ettari da coltivare a grano, granoturco e uva. Ma la sua caratteristica esclusiva, come figura leader della zona, era quella di essere un orientatore e, diciamo cosí, un informale giudice di pace delle famiglie di immigrati dalla penisola. Riguardo a tutti i guai che potessero capitare a un colono, arrivato di recente su quelle colline, sapeva dire la parola giusta per trovare una soluzione o una conciliazione. Se una coppia litigava, i vicini li mandavano subito da Cristoforo che faceva le giuste raccomandazioni e imponeva che la settimana dopo tornassero da lui: era il periodo giusto perché facessero la pace. E lui di scaramucce familiari se ne intendeva: aveva infatti ben 18 figli!
“Ho conosciuto molto poco mio nonno – ammette Raul, dal suo prestigioso ufficio di Caxias do Sul – Era una figura! Ho appreso i particolari della sua vita soprattutto da mio padre Abramo e dagli zii. Mio papá non restó con gli altri fratelli a Caxias, dove aveva cominciato a fare il fabbro di ferramenta per l’agricoltura, ma a vent’anni partí per Tangará, un villaggio di otto case, tutte abitate da caboclos, nelle campagne di Santa Catarina, sulla strada per Lavras. Il primo anno l’unico suo divertimento era ricevere le lettere dalla fidanzata lasciata a Caxias. Ma un giorno ne ricevette una di una sua amica che diceva cosí: vieni subito a prendere Elisabetta perche’ se no sará troppo tardi, perché ci sono molti pretendenti che le fanno la corte. Mio padre si precipitó a sposarla e la portó a Tangará, che allora si chiamava Rio Bonito: era il 1923”.
Elisabetta Zanotto era un’italiana, una donna di chiesa, molto energica e decisa. Non le era mai piaciuto quel gruppo di case sperduto in mezzo ai boschi di araucaria. Aveva avuto quattro figli “catarinensi”, Hercilio detto Nino, Isolda, Raul e Zilá, ma nel 1937 era rientrata per la prima volta a Caxias a visitare i parenti. Ripresentatasi al marito, aveva insistito molto con Abramo perché ritornassero nella capitale della Serra Gaucha: aveva toccato con mano che la cittá si stava molto evolvendo con l’arrivo del treno e della BR-116. “Io avevo 9 anni quando siamo rientrati definitivamente a Caxias, con mia madre incinta della quinta figlia, Beatriz. Mio padre affittó un piccolo capannone da Bortolo Triquet, un italiano che aveva una fonderia. A 14 anni ho incominciato a lavorare con lui a fare accette, falci, zappe,… Non mi piaceva studiare: mi sono fermato solo alla terza elementare. A 18 anni mi sono arruolato un anno nell’esercito. Quando sono tornato, nel 1949, mio fratello Hercilio, che era andato ad imparare il mestiere di meccanico, mi prese con se in una parte dell’officina paterna. Facevamo di tutto, dalle riforme dei motori agli stampi”.
“Ma il 26 di maggio del 1951 – prosegue – successe una cosa che rivoluzionó la nostra vita. Era la festa della Madonna di Caravaggio, la maggiore ricorrenza del Rio Grande do Sul, con la grande processione da Caxias e da Farroupilha alla quale partecipavamo tutti. Era giunta la sera quando padre Giovanni Gardini disse concitato ai microfoni del Santuario che la nostra officina aveva preso fuoco. Noi ci precipitammo nel quartiere di San Pellegrino ma dell’officina non era rimasto nulla: tutto bruciato, il tetto, i primi prodotti che avevamo fatto, tutto uno sfacelo… Eppure quell’incendio fu salutare per noi, per capovolgere completamente i nostri affari. Sempre dico il seguente: ringrazio la Madonna di Caravaggio perché ha fatto un miracolo con quelle fiamme. Ci ha dato l’impulso a migliorare. Se no saremmo rimasti probabilmente in quella piccola officina tutta la vita. Ancora oggi sono molto devoto a Nossa Senhora de Caravaggio!”.
La fabbrica di tessuti di Matteo Gianella cedette ai Randon, per aiutarli, la sua officina per la manutenzione dei telai. E incominciarono a lavorare sui freni. I camion che portavano giu’ da Caxias il legname che veniva esportato all’estero sulle navi da Porto Alegre, non ce la facevano ad affrontare la discesa dalla Serra e molto spesso capottavano con pesanti conseguenze per i poveri autisti. I due fratelli escogitarono un freno rinforzato da montare sul rimorchio. Era un’idea venuta ad un italiano, Antonio Primo Fontebasso, con il quale entrarono in societá nel 1953. “Mio fratello Nino aveva un’intelligenza enorme. Bastava che gli prospettassero qualcosa che lui fotografava tutto nella sua memoria. Aveva una capacitá di innovazione incredibile. Abbiamo incominciato a migliorare quel freno. Tre anni dopo l’italiano si ammaló e volle uscire dalla societá. Abbiamo continuato da soli ad evolvere, prima facendo il terzo asse del camion, e poi elaborando una cosa impensabile in quegli anni, che era il semirimorchio a due assi. Costruimmo con dei mattoni pagati a rate una fabbrichetta di 10 x 20 metri. É da lí che incominció la scalata del marchio Randon”.
Nel 1964 con il golpe dei militari era stata imposta la “Legge della bilancia” che stabiliva limiti di carico ai camion: 10 tonnellate per l’asse posteriore con quattro pneumatici, e 6 tonnellate per l’asse anteriore. Ma il semirimorchio aveva una restrizione non inferiore alle 27 tonnellate! Si apriva per Randon la possibilitá di un business enorme. La Banca Mondiale aveva detto che, se non cambiavano i trasporti in Brasile, non avrebbe piú finanziato nuove strade. I fratelli Randon stavano andando nella direzione giusta. “Nel 1970 ho visitato per la prima volta l’Italia con un mio amico venuto in Brasile dopo la guerra, Edmondo Barbieri. Siamo andati alla Fiera di Milano che mi lasció letteralmente scioccato, e subito dopo raggiungemmo l’esposizione di Hannover, in Germania, interamente dedicata ai camion. Mi resi conto da quelle fiere campionarie delle immense possibilitá che avevamo in Brasile con i semirimorchi. Sono tornato a Caxias euforico e ho proclamato a mio fratello che dovevamo fare una fabbrica per 1000 unitá al mese. Nino mi chiese se non ero impazzito: avevamo appena fatto in un anno solo 700 semirimorchi. Quindici anni dopo la nostra fabbrica costruiva quei 1000 semirimorchi al mese. Oggi facciamo 120 unitá al giorno. Avevo visto giusto!”.
Con fabbriche in Brasile, Argentina, Cile, Stati Uniti, Cina e Africa, attualmente la Randon è una delle prime holding di camion del pianeta. Ma Raul Anselmo dal 2009 ha ceduto al figlio David le redini della sua impresa. Per assumere un meritato riposo? Per vivere giornate calme da pensionato d’oro? Per godere dei nipotini? Niente affatto! Raul ha trasformato il suo podere di Vaccaria, sulle montagne piú alte del Rio Grande do Sul, da quinto produttore brasiliano di mele alla sede di una miriade di prodotti eccellenti della eno-gastronomia del Brasile, che vanno dal formaggio grana al vino rosso, dall’olio extra vergine di oliva agli spumanti. “Quando mi sono sposato con Nilva, il 3 marzo 1956, che era di sabato, abbiamo vissuto una luna di miele durata solo fino al lunedì successivo. Avevo troppo da lavorare con mio fratello. Nel 2006, per le nozze d’oro, ho fatto fare appositamente per lei dall’azienda vinicola Miolo un vino rosso eccezionale, con l’uva proveniente dalla mia fattoria a 1200 metri d’altezza. È nato cosí il “Rar”, dalle iniziali di Raul Anselmo Randon, un vino che ha giá ricevuto molti premi nei concorsi in cui ha partecipato dal Mercosul agli Usa”.
Ma la cosa piú originale e divertente è stata la fabbricazione del “Gran Formaggio”, un grana identico a quello prodotto in Italia, per il quale Raul fece venire due Boeing caricati di vacche olandesi che producono 35 litri di latte al giorno. La leggenda dice che anche i pascoli, arrotolati, siano venuti da Parma e Reggio Emilia via nave, e che siano approdati a Vaccaria molti tecnici italiani del parmigiano reggiano, e che… Fatto sta che le forme di formaggio create in pieno Brasile da Randon non hanno nulla da invidiare alle produzioni casearie di quella zona emiliana, a poco piú di 100 chilometri da Cornedo Vicentino, dove tutto incominció nel 1867, nella chiesa di Muzzolon col battesimo di nonno Cristoforo. Raul e’ stato omaggiato nel 2013 con le chiavi della cittá veneta. “Nessuno nella storia di questo paese di 11 mila abitanti è stato accolto con tanti onori come Raul Alselmo Randon” sono le parole del sindaco Martino Montagna. “Non ho mai visto tanta gente in chiesa come nel giorno che Randon ci è venuto a visitare: neppure a Natale”, ha affermato il parroco don Federico.
“Seu Raul” lo merita. A quasi 87 anni d’etá si sveglia sempre alle 6 del mattino, mangia una mela della sua fazenda per colazione, va a nuotare 500 metri tre volte alla settimana, per due volte fa massaggi tailandesi per restare in forma. Non si ferma mai! Il mondo riconosce e applaude quella persona semplice, con il suo cappello degli “Alpini” italiani, e il suo sorriso dolce, che è andato molto oltre il sogno dei suoi avi di “Fare l’America”!